Titolo: Carrie (originale: Carrie)
Autore: Stephen King
Anno: 1974
Editore: Bompiani
Traduzione: Brunella Gasperini
Pagine: 174
Prezzo: € 7,90
Carrie White è una ragazza di sedici anni, ma di una comune
adolescente non ha nulla. È stata cresciuta da una madre secondo una dottrina
pseudocattolica rigida, soffocante. Una madre con una mente pericolosamente
chiusa, bigotta, instabile. Una mente malata, senza mezzi termini. A causa
della sua diversità e della totale ingenuità nei confronti della vita, Carrie è
da sempre presa di mira dai compagni di classe, che non perdono occasione per
tormentarla.
Un giorno, durante la doccia collettiva dopo la lezione di
educazione fisica, la ragazza ha il suo primo mestruo. Questo avvenimento la
sconvolge fino a farle venire un attacco isterico e farle pensare che stia morendo
dissanguata. Non ha infatti la minima idea di che cosa le stia succedendo
(chissà per colpa di chi, si accettano supposizioni e scommesse) e mi risparmio
dal divulgare le credenze e le convinzioni di quel personaggino che è la madre.
Avrete modo di scoprirlo, nel caso. L’insegnante interviene dapprima in modo
brusco con Carrie, per poi moderare l’atteggiamento e prendere le sue parti,
trovandosi in mezzo ad una scena di bullismo di massa da parte delle altre
ragazze, che arrivano addirittura a urlare e lanciare addosso a Carrie degli
assorbenti. La professoressa chiederà poi provvedimenti contro queste signorine
carine carine, rischiando di far saltare il ballo scolastico. E non sia mai,
eh!
Carrie torna a casa sconvolta e da quel momento cominciano a
verificarsi sempre più frequentemente episodi fino ad allora rimasti latenti.
La ragazza ha infatti uno strano potere: la telecinesi. Riesce cioè a spostare
gli oggetti e a “comandarli” con la sola forza del pensiero e delle emozioni. È
come se il primo mestruo avesse scatenato del tutto il suo potere, rendendolo
più o meno manifesto rispetto al passato.
Il ballo della scuola si avvicina. Tuti i compagni e le
coppiette si organizzano e Sue Snell, compagna afflitta dal senso di colpa e
disgusto per se stessa per aver partecipato all’orrore del giorno della doccia
di sangue, decide di chiedere al suo ragazzo il favore di portare lui stesso
Carrie al ballo. Un modo per pulirsi un po’ la coscienza, insomma. Peccato che
non sappia che invece la signorina stronzetta senior, figlia di un avvocato,
tra l’altro – della serie: lei non sa chi sono io! – sta architettando insieme
al suo ragazzo e ad altri individui uno scherzetto macabro ai danni della
povere e ignara Carrie, per punirla della quasi cancellazione del ballo. Man
mano che ci si avvicina alla fatidica sera e alla catena di disastrosi eventi,
ci si ritrova coinvolti in un vortice di fatti disturbanti proprio a livello
emozionale, direi. Fino ad arrivare alla
mostruosità dell’epilogo finale.
Comincio subito col dire che questo libro mi ha provocato
una sorta di tumulto interiore. Negativo, si intende. Leggasi: senso di
inquietudine e irrequietezza. Una sensazione disturbante. Tanto che il giorno
in cui ho iniziato a leggerlo, la sera ho deciso di non riprenderlo in mano
nonostante volessi finirlo, per non andare a letto con quelle determinate sensazioni.
Sì, è consentito ridere. Forse me lo merito. Allora cos’ho fatto? Prima di
cedere alla calda accoglienza della trapunta ho guardato un episodio di una
delle mie comedy preferite (New Girl), che mi ha restituito subito la pace,
facendomi sorridere e strappandomi le solite risate.
Per quanto abbia letto pochi libri di King, ho capito che,
quando si approccia a questo tipo di storie, l’orrore non risiede tanto nello
straordinario ma nei personaggi stessi, nella distorta umanità dei loro
comportamenti, delle loro menti e delle loro intenzioni.
Qui, infatti, il problema o il punto non è tanto la
straordinarietà del potere di Carrie, quanto tutto ciò che sta intorno alla
ragazza. A partire dalla mente della madre, che definire retrograda
all’inverosimile e malata è dire poco, e a finire con le teste da prendere e
sbattere al muro dei suoi compagni di scuola, bulli che deve affrontare
quotidianamente e che si fanno beffe di lei da sempre.
Gli eventi vengono raccontati da King intervallando anche
interviste e interrogatori a distanza di tempo ai personaggi coinvolti nella
storia e testimoni dei tragici eventi della sera del ballo e del fattaccio, che
definire scherzo mi pare assurdo. Mi è sembrato che questo espediente
contribuisse a coinvolgere il lettore e che cadenzasse meglio il ritmo della
narrazione, già di per sé scorrevole. Dopotutto il libro è breve e non è
neanche diviso in capitoli.
Ho letto pareri discordanti, - com’è normale che sia, sempre
– anche su questo libro. La diatriba sta più che altro nel fatto che questo è
il primo libro di King, il suo primo racconto. Riesumato dalla moglie dopo
anni, tra l’altro, se non sbaglio.
C’è chi dice che sia un capolavoro, c’è chi sostiene la
bruttezza di questo racconto.
Ecco, a me è piaciuto nonostante il suo essere forse un po’
acerbo nello stile. Nonostante si percepisca appunto il fatto che fosse tra i
primi scritti di King, mi sembra decisamente degno di nota. Soprattutto perché
a livello di descrizione di fatti, personaggi e dinamiche e a livello di
emozioni trasmesse – negativissime, certo – penso che riesca a fare centro in
ogni caso. Gli unici punti a suo sfavore sono quindi, per quanto mi riguarda,
alcune scelte di forma nello stile, che mi pare siano comunque caratteristiche
di King. L’unico problema, forse, è che qui non sono “lavorate” come in altri
suoi libri successivi.
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Edizione fornita dalla biblioteca |
XXIV edizione "I Grandi Tascabili" maggio 1997
E naturalmente, si parla di prezzo in Lire. L. 12.500
Forse dalla foto non si vede bene, ma il titolo è addirittura metallizzato. Delle vere chicche, queste vecchie edizioni. Nel bene e nel male.