Titolo: Il giocattolaio
Autore: Stefano Pastor
Editore: Fazi, 2012
Prezzo: € 9,90 - versione ebook € 2,99
Massimo: ha undici anni e si è appena trasferito in un
quartiere ormai in stato di decadenza, dove abita lo zio. Il bambino è rimasto
orfano di madre e il padre non può più occuparsi di lui per cause di forza
maggiore (verranno svelate poi). In ogni caso, Massimo non vuole più avere
niente a che fare con suo padre e dopo quello che ha passato fino a quel
momento, la sua ciliegina sulla torta è rappresentata da uno zio alcolizzato
che, ovviamente, quando è sbronzo dà il meglio di sé.
Mina: ha quindici anni e vive praticamente da sola. Togliamo
pure il praticamente. Dalla morte della madre, suo padre prende a fare viaggi
di lavoro sempre più lunghi e ad accorciare sempre di più le puntatine a casa
tra un viaggio e l’altro. La ragazza non dimostra gli anni che ha: è molto
matura, risoluta, determinata, combattiva. Odia le ingiustizie del mondo e
sente di dover in qualche modo fare la sua parte e aiutare, di volta in volta,
chi è nei guai, chi ha problemi o chi semplicemente è più debole o ha un
maggiore bisogno di aiuto e di avere qualcuno vicino. A causa di questa sua –
anche – testardaggine buona, si caccia lei stessa, spesso, in situazioni che
una ragazza di quell’età non dovrebbe sostenere e che probabilmente neanche un
adulto sarebbe capace di affrontare.
Jon: ha sedici anni ed è da poco arrivato nel quartiere. I
suoi nonni, che si occupavano di lui, sono morti e ora il ragazzo si ritrova
come un nomade a girovagare e a spostarsi di luogo in luogo, cercando un lavoro
e il modo di sopravvivere. All’inizio è abbastanza insicuro e sospettoso.
L’inizio della sua avventura nel quartiere non è dei migliori, ma non immagina
cosa lo aspetterà.
Il ragazzo incontra Peter(soprannome): l’uomo che gli
offrirà un alloggio. Mina, in amicizia, lo chiama Peter Pan: un adulto in
realtà mai cresciuto. Un individuo ingenuo all’inverosimile e fiducioso nel
prossimo come solo un bambino sa essere. Ha un negozio di giocattoli ereditato
dai genitori, diventato un banco dei pegni caduto in quasi disgrazia. Ormai
nessuno va più lì e, come se non bastasse, ultimamente si spargono voci sul
fatto che Peter importuni i bambini. Jon, infatti, viene messo in guardia da un
altro ragazzo e così all’inizio non si fida affatto dell’uomo e si sente a
disagio. Dovrà cambiare idea e rendersi conto che la realtà è molto diversa. Le
voci su Peter sono alimentate anche e soprattutto dalla piccola serie di
bambini scomparsi ultimamente dal quartiere e mai ritrovati. Due più due e,
tac, la gente ha decretato il colpevole.
Un giorno Massimo incontra un altro bambino, Marco, che gli
spiega di questi ultimi avvenimenti. Qualcuno sta rapendo, torturando e
uccidendo dei bambini e lui vuole trovare i cadaveri. Massimo non vuole
crederci e pensa che l’amico voglia solo spaventarlo. Si dovrà ricredere quando
assiste, di nascosto, al ritrovamento puramente casuale del cadavere
dell’ultimo bambino scomparso da parte di Mina e Jon. All’inizio la strada del
bambino è separata da quella dei ragazzi, non si conoscono neppure, ma nelle tragedie
che avranno luogo in quel quartiere finiranno per intrecciarsi inesorabilmente.
Mina decide di cominciare ad indagare sui fatti e nel
frattempo Massimo stringe amicizia con Marco, che lo invita a casa sua e gli fa
conoscere suo padre. Una casa magnifica, un padre magnifico. Marco ha tutto ciò
che un bambino desidera. Ben presto, però, Massimo si renderà conto che quella
superficie così perfetta nasconde qualcosa e capisce che non potrà più tornare
indietro…
Ok, basta. Altrimenti, se leggerete il libro, non ve lo
godrete. Non posso rivelare nulla.
E dunque! Vado subito al nocciolo, ora: questo libro mi è
piaciuto ed è stato decisamente una piacevole sorpresa. Ammetto che riuscivo
difficilmente a posare il mio Kobo Glo – yay! Il primo collaudo. Il primo ebook
che leggo e il verdetto è piacevolmente positivo – per fare qualcos’altro.
Il libro incuriosisce fin dall’inizio e pagina dopo pagina
mi ha catturata sempre più, fino a tenermi incollata. Si intuisce da subito di
avere tra le mani una storia che farà emozionare, nel bene e nel male, e
andando avanti si hanno numerose conferme. Il ritmo della narrazione va avanti
spedito alla velocità giusta. Dà modo di godersi situazioni, personaggi, azioni,
descrizioni e allo stesso tempo di essere travolti da un colpo di scena dopo
l’altro. Soprattutto nell’ultimo terzo del libro. Quando sembra di poter tirare
un sospiro di sollievo, si torna invece in un baratro sempre più grande. È un
vortice in declino verso l’inferno e in crescendo nella narrazione.
Questo libro è senz’altro pregno di umanità. Vari tipi di
umanità. Forse è anche per questo che Pastor riesce così bene nella caratterizzazione
psicologia e personale dei personaggi: li fa agire più come persone che come
stereotipi, tranne un paio di momenti verso la fine, che mi hanno fatto
storcere il naso.
Assistiamo impotenti a situazioni di violenza e a cose che
un bambino non dovrebbe mai vedere né subire. Che nessuno dovrebbe. Ciò
nonostante, riesce a raccontare situazioni estreme senza far sentir male lo spettatore.
L’autore riesce a trasmettere tenerezza, angoscia, rabbia,
nervoso per tutto quello che succede in quel quartiere e che nessuno sembra
capire o vedere. Tutto sotto gli occhi di tutti, ma ben nascosto. Perché è così
che agiscono i mostri: si fingono agnellini, si fingono perfetti. Ed è proprio
sotto quella bontà e perfezione che si nasconde il male insospettabile.
I personaggi compiranno, parallelamente alle loro avventure,
disavventure e vere e proprie tragedie, un percorso di crescita interiore. Da
notare come Massimo, Mina e Jon siano in realtà già cresciuti fin dall’inizio,
quasi adulti, ognuno a modo proprio, a causa dei loro trascorsi. Nonostante
questo si dovranno scontrare con la parte concreta del male e delle sue
conseguenze. Con la negligenza e l’omertà della gente e con la sufficienza con
cui vengono trattati, quando cercano di chiedere aiuto, da adulti e figure “autorevoli” come poliziotti e
carabinieri, per esempio. Le crociate di Mina continueranno senza pietà e
combatterà insieme a Jon e il timido e impaurito Peter, intrecciando le loro
vite a quelle di Massimo per il quale, alla fine, i tre saranno la sua unica
speranza.
Una delle cose che ho apprezzato, sempre riguardo ai
personaggi e il loro muoversi all’interno della storia, è il contrasto tra le
tre figure di Massimo, Mina e Jon e quelle degli adulti, in particolare lo zio
di Massimo e il padre di Mina. Peter è un discorso a parte. I tre ragazzi
infatti, tutto sommato, sono ancora piccoli. Sono loro quelli che vanno
protetti, non spetterebbe a loro fare gli adulti e prendersi determinate
responsabilità. Dall’altra parte invece, si muovono degli adulti cresciuti
secondo l’anagrafe, ma che in realtà non dimostrano di fare il proprio dovere o
ciò che è giusto. Non si prendono le responsabilità nei confronti dei ragazzi,
non li proteggono e dimostrano di non sapersi relazionare con loro.
Posso solo consigliare la lettura di questo thriller, che
definirei a tratti horror, credetemi. Penso che Pastor sappia scrivere bene,
catturare, coinvolgere. Il suo stile è comunque lineare, chiaro, non prolisso. Penso
che potrei consigliare questo libro senza esitazioni a chiunque ami leggere e
abbia voglia di una lettura emozionante.